Spondilolistesi

Il termine spondilolistesi deriva da “spondilo”, che significa “colonna vertebrale”, e “listesi”, che significa “scivolare in avanti”.. Il termine spondilolistesi indica lo scivolamento in avanti di un corpo vertebrale. Si verifica quando la vertebra superiore scivola anteriormente al corpo vertebrale inferiore a causa di un difetto della “pars interarticularis” della vertebra,  causando stiramento delle radici nervose e dolore. La spondilolistesi nella maggior parte dei casi riguarda i segmenti lombari inferiori e lombo-sacrali cioè la quarta e la quinta vertebra lombare o la quinta vertebra lombare ed il sacro.

Sintomi

I sintomi della spondilolistesi sono rappresentati dal 1) dolore lombare (Low Back Pain) meccanico, che peggiora coi movimenti e migliora con il riposo, e 2) dall’irradiazione del dolore agli arti inferiori. I pazienti spesso riferiscono un peggioramento del dolore durante i movimenti dalla posizione seduta a quella eretta. In altri casi, i pazienti presentano questi sintomi: il dolore lombare discogenico che peggiora con la posizione seduta  e la flessione in avanti del tronco, il dolore lombare di tipo “faccettale” che peggiora con l’iperestensione e la stazione eretta, e soprattutto la claudicatio neurogena (una sindrome dolorosa, generalmente irradiata ad entrambi gli arti inferiori, che compare durante la deambulazione e che costringe il paziente ad arrestarsi e/o flettere in avanti il tronco per alleviare i sintomi) da stenosi secondaria spesso associata alla spondilolistesi.

Diagnosi radiologica

Il primo esame da eseguire  e’ la radiografia della colonna lombosacrale nelle proiezioni antero-posteriore, laterale e le radiografie dinamiche.

Le proiezioni antero-posteriore e laterale consentono di evidenziare un difetto di trasparenza della parte interarticolare (segno del cane col collare). La radiografia della colonna lombosacrale consente di valutare il grado di spondilolistesi.

La classificazione della spondilolistesi secondo Meyerding e’ divisa in 4 gradi:

grado I   quando la sublussazione è di un quarto del corpo vertebrale sottostante  (<25%);

grado II quando la sublussazione e’ metà del corpo vertebrale sottostante (25-50%),

grado III quando la sublussazione raggiunge i tre quarti (50-75%);

grado IV quando la sublussazione e’ dell’intera larghezza  della vertebra sottostante (75-100%).

La spondilolistesi può essere studiata anche con la TC della colonna lombosacrale con ricostruzioni sagittali: consente di apprezzare il grado di stenosi del forame di coniugazione.  La finalità dello studio TC nella spondilolistesi è di determinarne la causa, che puo’ essere di tipo traumatico, congenit, iatrogeno, o degenerativo.

La Risonanza Magnetica  e’ l’esame fondamentale che permette di evidenziare sia la spondilolistesi sia soprattutto la presenza di compressioni radicolari, l’ampiezza del canale spinale e le compressioni del sacco durale.

Trattamento

Trattamento conservativo.

Gran parte dei pazienti affetti da spondilolistesi puo’ essere trattata conservativamente. Le forme di I-II grado rappresentano negli adulti una condizione benigna: in questi casi la progressione dello scivolamento si ha solo nel 30% dei pazienti. Scopo del trattamento conservativo è quello di rinforzare la muscolatura del tronco per ridare stabilità alla colonna, rieducare il paziente a mantenere una postura adeguata. In alcuni casi può essere utile l’impiego di busti ortopedici.

Trattamento Chirurgico.

L’instabilità del segmento vertebrale con algia che non si risolve dopo adeguato trattamento conservativo va risolta chirurgicamente con un intervento che consenta la stabilità definitiva della colonna vertebrale trattata.

L’approccio classico per il trattamento della spondilolistesi e della instabilità segmentaria vertebrale è quello della fissazione con viti transpeduncolari e dalla fusione della colonna vertebrale per via posteriore. La stabilizzazione vertebrale puo’ essere eseguita con viti peduncolari e barre associate o meno ad una cage intersomatica (PLIF, TLIF).

L’approccio chirurgico puo’ essere “a cielo aperto”, mini-invasivo o percutaneo.

L’ approccio posteriore “a cielo aperto” prevede il paziente in decubito prono; dopo l’incisione chirurgica del piano cutaneo e sottocutaneo si procede allo scollamento dei muscoli paravertebrali. Si procede quindi, all’ introduzione della vite all’interno del peduncolo vertebrale. Vengono eseguiti dei controlli radiografici intraoperatori per determinare la posizione corretta di entrata della vite. Dopo aver posizionato tutte le viti si procede al posizionamento delle barre e si applicano forze compressive/distrattive che riducono la sublussazione e la conseguente stenosi del canale vertebrale a tale livello, eliminando la compressione delle radici nervose.

La stabilizzazione percutanea e’ una tecnica estremamente mini-invasiva che attraverso piccole incisioni cutanee, con l’ausilio di una guida radioscopica intraoperatoria, consente l’inserimento attraverso delle cannule di lavoro delle viti peduncolari a livello delle vertebre interessate, rispettando dei muscoli paravertebrali.

La stabilizzazione vertebrale con tecnica percutanea consente di ottenere risultati paragonabili alla chirurgia a cielo aperto, ma con una procedura minimamente invasiva in termini di approccio chirurgico, con una riduzione del dolore lombare postoperatorio ed un piu’ rapido tempo di recupero.

 

Questa informazione viene fornita solo a fini educativi e non deve essere considerata un consiglio medico. Non è stata presentata per sostituire il giudizio clinico indipendente del medico sull’appropriatezza ed i rischi della terapia riguardanti il singolo paziente.